Teniamo a testimoniare qui gli avvenimenti vissuti da nostro figlio Jean-Marc, di 42 anni.
Alla fine del mese di febbraio del 2009, fu preso da mal di pancia con diarrea e dolori al torace, così come da una sensazi0ne di malessere generale e di un’enorme fatica.
Il 10 marzo andò a consultare il suo medico curante che gli prescrisse delle analisi del sangue da fare l’indomani.
Alla sera, verso le 9, essendo da noi, decise di salire a dormire e mi disse: «Mamma, respiro male, fra un pò viení a controllare ve va tutto bene». Fui molto stupita da un simile comportamento e decisi di andare a controllarlo tre quarti d’ora più tardi.
Come giunsi da lui, era sdraiato, con una salvietta bagnata e molto fredda posata sulla testa e sul petto. Ebbe appena la forza di dirmi «Sto per morire, chiama l’ambulanza». Cosa che feci.
L’ambulanza, che arrivò un quarto d’ora più tardi, lo portò immediatamente all’ospedale del centro di Nantes.
Io e mio marito la seguimmo in auto. Dopo mezz’ora di attesa in una sala, un medico ci venne a riferire che nostro figlio aveva appena avuto un arresto cardiaco.
Il suo stato molto critico imponeva un trasferimento al centro di terapia intensiva dell’Ospedale Nord. Siamo rientrati a casa in piena notte, di sicuro i soli a credere ancora alla sopravvivenza di nostro figlio. Il giorno dopo, l’11 marzo, nostro figlio, tenuto in vita da un cuore artificiale e senza conoscenza, era ancora vivo. I medici ci preparavano al peggio: «Non possiamo dirvi nulla, forse un’ora… un giorno di sopravvivenza».

Allora abbiamo domandato: – Ma cosa ha avuto? – Non lo sappiamo: una miocardite acuta fulminante dovuta ad un virus o ad un infarto non doloroso mai scoperto. I danni sono enormi: distruzione del cuore, sanguinamenti del fegato, insufficienza renale acuta, caduta del tasso di protrombina ed alcuni fattori di coagulazione. Tutto questo si evolve rapidamente in uno choc cardiogeno persino in un soggetto come vostro figlio fino a quel momento indenne da qualsiasi patologia.
Non bisogna anche dimenticare l’arresto cardiaco avvenuto mentre giungeva in ospedale, che potrebbe aver danneggiato irreversibilmente il suo cervello.
Arrivati a casa, telefonammo alla signora Auzier, la persona che organizzava da molti decenni dei pellegrinaggi a San Damiano, in partenza da Montpellier, per domandare l’aiuto alla Santissima Vergine Maria.
Ci propose subito di inviarci dei fazzolettini benedetti dalla Madonna delle Rose al «Piccolo Giardino di Paradiso» di San Damiano.
Il giorno stesso, l’11 marzo, ricevemmo una chiamata telefonica dalla signora R., amica della signora Auzier, che abitava a meno di 10 km da noi e che aveva a casa sua alcuni fazzolettini e dell’acqua benedetta di Mamma Rosa. Siamo immediatamente andati a cercarne per nostro figlio che ne ebbe due: uno fu piazzato sul cuore e l’altro sul fegato.
Era incosciente, ma le infermiere accettarono immediatamente di fare attenzione che i fazzolettini non fossero tolti con le medicazioni dei cateteri. Siamo anche riusciti a far scivolare qualche goccia di acqua benedetta attraverso le labbra socchiuse di nostro figlio.
A partire da quel momento, non abbiamo cessato un solo istante di credere alla guarigione di Jean-Marc, malgrado la prognosi riservata dei medici, soprattutto durante le tre settimane seguenti. Con la signora Auzier domandammo alla Vergine Maria che cessassero i seri sanguinamenti del fegato. Nostro figlio subiva una trasfusione al giorno per rimpiazzare il sangue che perdeva. Il suo corpo aveva preso un color mostarda, tanto era grave l’itterizia che aveva contratto.

Un’ora… un giorno… quattro giorn… i medici cominciavano a farsi delle domande. Ma Jean-Marc continuava a vivere in coma artificiale ed in assistenza cardiaca, malgrado tutti i pronostici e le riserve. Poi il suo fegato cominciò a sanguinare meno. 13 giorni dopo l’incidente, il 23 marzo, l’equipe dei medici decise di fare una prova: bloccare l’assistenza cardiaca, perché il suo cuore dava dei segni di ripresa che disturbavano il macchinario. Il 31 marzo, fu disintubato. Il fegato non sanguinava più. Riprese conoscenza il 1 aprile. Quando ho telefonato la mattina del 2 aprile per avere notizie di nostro figlio, l’infermiera mi rispose: «Vuole notizie del miracolato? Sta bene e chiede della minestra».
Nonostante l’arresto cardiaco sopravvenuto il 10 marzo, i medici constatano che lo stato cerebrale di nostro figlio era intatto. Invece il suo cuore, che in questo momento funziona solo al 20% non poteva permettergli di vivere normalmente senza un intervento, rischiando infatti di distruggere definitivamente i suoi reni. Incoraggiati da una situazione stranamente favorevole nonostante tutto ciò che nostro figlio aveva già sopportato, l’equipe medica gli propose il 17 aprile di iscriverlo nella lista dei candidati per un trapianto d’emergenza. Il mattino dopo alle 7.30, il 18 aprile, il giorno e l’ora nei quali la signora Auzier ed il bus dei pellegrini arrivarono a San Damiano, nostro figlio ci telefonò e ci disse: «Papà, mamma, vado ora in sala operatoria, stanno per farmi un trapianto.»
Il cuore arrivò all’ospedale CHU di Nantes a fine mattinata e nostro figlio fece rientro nella sua stanza alle 16.30 dopo un’operazione che si svolse nelle migliori condizioni. Dal suo ritorno. Montpellier, la signora Auzier ci inviò un grande fazzoletto benedetto che fu sempre sopra il torace di Jean-Marc.

Amici, famiglie e gruppi di preghiera hanno enormemente pregato la Santa Vergine Maria della quale abbiamo sentito la presenza in permanenza, e che é stata qui giorno dopo giorno. Anche il medico capo servizio si è espresso ed ha ammesso che nostro figlio costituisce un caso unico. Si potrà ristabilire in due mesi e mezzo, mentre gli altri in genere hanno bisogno di sei mesi. Come sarebbero potuti accadere questi fatti senza l’intercessione della Santissima Vergine Maria?
Ella è stata qui in ogni momento e noi non smetteremo di dirle: «Grazie Madonna delle Rose».
P. e A. A. (France)

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